Oggi ti voglio parlare di un libro edito nel 2011.
Se preferisci ascoltare, ecco la puntata del podcast

Listen to "Recensione del libro Brain Over Binge" on Spreaker.

Il libro si trova solo in lingua inglese e non è stato ancora tradotto in italiano.
Personalmente, per il mio livello di comprensione delle lingua che non è eccelso e per i temi trattati, l’ho trovato abbastanza difficile e infatti ci ho messo parecchio tempo a leggerlo.
Avevo iniziato alcuni anni fa poi l’ho abbandonato per un po’ di tempo e infine l’ho ripreso e terminato.

Il libro Brain over binge

Il libro si chiama Brain over Binge, è scritto da Kathryn Hansen e racconta l’esperienza dell’autrice attraverso il viaggio nei disturbi alimentari, in particolare della bulimia e di come sia guarita.
L’autrice parla di una scoperta che ha cambiato la sua vita, un libro dal titolo Rational Recovery: la nuova cura per la dipendenza da sostanze.
Secondo l’autore di Rational Recovery, Jack Trimpey le dipendenze hanno luogo in una parte del cervello chiamata cervello animale che si esprime attraverso quella che l’autore chiama addictive voice (AV): ogni sentimento, idea o comportamento che supporta l’abuso di sostanze
L’autrice ha utilizzato queste informazioni per cucire il discorso sul binge: i pensieri e i sentimenti che incoraggiano il binge sono AV, quelli che lo interrompono sono il vero sé.

AV e vero sé sono localizzati in parti differenti del cervello: AV nello cervello animale, il vero sé nella parte del cervello più sofisticata e nuova in termini evolutivi, la corteccia prefrontale. La parte che ha il controllo dei muscoli volontari. Quindi AV non può fare niente se non inviare l’impulso al binge.

La critica alla psicoterapia

Durante il suo percorso di guarigione, Kathryn ha affrontato diversi tipi di psicoterapia e di cure farmacologiche.
Tutti i percorsi di psicoterapia si sono rivelati per lei non risolutivi e secondo lei il punto centrale è che in psicoterapia si identifica la guarigione con il miglioramento della vita in generale (risolvere problemi di autostima, perfezionismo e altro), mentre secondo l’autrice l’unico parametro da considerare per dirsi guariti è smettere di abbuffarsi.

A prescindere dai problemi di autostima, perfezionismo, problemi relazioni o altro che possono invece rimanere.
Ad esempio non include come parti della guarigione migliorare la propria immagine corporea o dare meno importanza all’aspetto fisico. Che, a suo avviso, sono tutti aspetti molto importanti ma non indispensabili per guarire

Il vero motivo per cui ci si abbuffa

Inoltre per l’autrice il solo vero motivo per cui ci si abbuffa è sentire l’urgenza di abbuffarsi. Urge to binge è la frase utilizzata. In italiano potremmo dire lo stimolo ad abbuffarsi
Sembra lapalissiano ma secondo l’autrice non è la noia, la paura, lo stress, vuoti esistenziali di varia natura a spingere ad abbuffarsi ma lo stimolo
Nessun binge, sostiene, è avvenuto senza essere preceduto dallo stimolo ad abbuffarsi.

La dieta come fattore scatenante

Aggiunge inoltre che la sola causa sottostante alle sue abbuffate è stato mettersi a dieta
L’autrice sostiene che una sola causa ha dato il via al suo desiderio di abbuffarsi ed è stato iniziare la sua prima dieta dimagrante.
E, nota bene, le abitudini restrittive che ha adottato hanno preceduto di un anno e mezzo il primo episodio di binge.
Secondo lei questo è successo poiché ha deciso di mettersi a dieta in un periodo della sua vita in cui il suo cervello animale era molto sensibile alle restrizioni. Come abbiamo visto nell’episodio sul Minnesota Study (trovi qui la trascrizione), gli adattamenti che il corpo mette in atto quando seguiamo diete molto restrittive sono fenomeni normali anche in persone che non hanno disturbi alimentari
Infatti la restrizione cronica aveva reso il suo cervello animale più difensivo tanto che interrompere la dieta non è stato sufficiente per interrompere le abbuffate, perché aveva già insegnato al suo cervello animale che la carenza di cibo era qualcosa che poteva capitare e lui ha imparato a prendere le precauzioni necessarie, incoraggiandola a fare scorta di cibo e grassi.
Oltretutto era diventato un comportamento abitudinario: quando ripetiamo un comportamento molte volte, si verificano cambiamenti fisici nel cervello, cambiamenti che rendono quel comportamento più facile da ripetere. Presto diventiamo così abili nell’eseguire il comportamento che possiamo farlo senza pensarci troppo. Nascono nuove sinapsi, nuovi collegamenti tra neuroni, le cellule del cervello, che rendono quel compito più semplice da attuare.

Un problema di cablaggio cerebrale

Scrive l’autrice: “La mia bulimia guidata dalle abitudini era quello che chiamerò un problema di cablaggio cerebrale creato dall’abbuffata”.
Abitudine all’eccesso, al piacere e all’impulsività
“Una volta stabilita l’abitudine, non c’era altro modo per spegnere i miei impulsi se non riqualificare il mio cervello.
Ha dovuto invertire il mio problema di cablaggio cerebrale creato dall’abbuffata in modo che smettesse di produrre stimoli ad abbuffarsi”
Ma come è nato questo problema di cablaggio cerebrale? Secondo l’autrice agendo per molte volte in risposta alla sua voglia di abbuffarsi.

Come ha risolto il suo problema di cablaggio cerebrale? Non agendo più in base al suo bisogno di abbuffarsi. Questo ripetuto per molte volte.

Dalla prima volta che ha sentito il bisogno di abbuffarsi e non ha agito di conseguenza, ha iniziato a insegnare al suo cervello che la sua abitudine non era più necessaria. A sua volta, il suo cervello ha iniziato a correggere il problema di cablaggio cerebrale creato dall’abbuffata, indebolendo le connessioni neurali e i percorsi che lo supportavano
Man mano che sperimentava sempre più impulsi che non portavano ad abbuffate, il suo cervello imparò che non ne aveva più bisogno.

Il cervello animale e il nostro potere

Prima vi ho parlato di cervello animale e corteccia prefrontale, è stata la corteccia prefrontale a darle la capacità di dire di no o di usare il potere di veto sui suoi impulsi ad abbuffarsi.
Tecnicamente nulla può innescare qualcosa perché sarebbe come negare il libero arbitrio: per fare un esempio terra terra, se provo un’emozione scomoda non è l’emozione a mettermi cibo in bocca.
Sono i muscoli volontari della mia mano che lo fanno e questi sono sotto il controllo della mia corteccia prefrontale
Ciò che innescano le emozioni scomode è l’impulso, il desiderio di abbuffarsi, non l’abbuffata.

Credo che questo punto sia cruciale perché rimette a noi il nostro potere e ci mostra come ci siano innumerevoli punti in cui possiamo agire per impedire che quell’impulso diventi abbuffata,

L’autrice individua poi 5 passi per smettere di abbuffarsi che si basano sul considerare il bisogno di abbuffarsi come “spazzatura neurologica” proveniente dalla parte inferiore del cervello.
Si basano sullo smettere di reagire agli impulsi e smettere di agire sulla base degli impulsi

Il mio pensiero sul libro

Io trovo che questo libro sia molto interessante poiché aiuta la persona che sta sperimentando un disturbo alimentare a non identificarsi con la sua malattia e a comprendere che ha un grande potere nel percorsi di guarigione.
Spesso se soffriamo di bulimia, binge o qualsiasi altro disturbo alimentare sentiamo di avere una strada segnata ma non è così
Anche la differenza tra abbuffata e impulso ad abbuffarsi è fondamentale.
Non a caso nei percorsi di Mindful Eating lavoro molto sullo stare con le emozioni, con l’impulso, imparando a non agire.
Per quanto riguarda il fallimento della psicoterapia, credo che ognuno di noi sia diverso. Penso che semplicemente, a volte, non si creino le condizioni per ottenere il meglio da un percorso: magari non siamo pronti all’’impegno che richiede o escono temi che non siamo pronti ad affrontare e come reazione mettiamo in atto la fuga.
Non siamo macchine e un trattamento x non produce necessariamente sempre un risultato y (non succede sempre nemmeno con i farmaci!).
Continuo a pensare che un supporto psicologico sia importante ma con la consapevolezza che non siamo qualcosa da aggiustare e abbiamo un enorme potere nel nostro processo di guarigione.
Per oggi mi fermo qui, spero davvero di essere stata abbastanza chiara e che l’episodio ti sia piaciuto.
Fammi sapere se ti piace l’idea di ascoltare delle recensioni di libri oppure preferisci un altro tipo di format per questo podcast
Ti mando un abbraccio e ci sentiamo presto

 

 

 

Immagine da Freepik https://urly.it/3zqya

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