Nei giorni scorsi sul mio profilo Instagram dr.ssabonacinisara ho pubblicato qualche contenuto sul tema della scarsità.

Se preferisci ascoltare, ecco la puntata del podcast

Listen to "Lavora sulla scarsità" on Spreaker.

 

In un reel ho parlato della scoperta di una mia cara cliente in merito al fatto che il pane della colazione le piacesse molto di più senza marmellata.

E riflettevo sul fatto che questa consapevolezza l’ha acquisita ascoltandosi e provando, nessuno le ha imposto di non mangiare la marmellata.

Anzi, una imposizione avrebbe avuto molto probabilmente l’effetto opposto. Mentre è stata una sua scelta libera e consapevole e proprio per questo non sofferta ma vissuta in serenità.

Il tema della scarsità

Il tema della scarsità ritorna molto spesso nelle consulenze e nei percorsi con le mie pazienti.

Tante di noi sono state bambine in carne ed hanno conosciuto precocemente l’esperienza di vedersi razionare il cibo o di essere diverse dalle altre bambine e mangiare in modo differente.

Altre crescendo hanno iniziato a mettersi a dieta perché non si piacevano e volevano vedersi diverse.

Non sopportavano più determinate forme e volevano a tutti i costi cambiare.

O meglio, una parte di loro voleva cambiare, mentre un’altra parte, quella più primitiva e antica, reclamava attenzione e resisteva al cambiamento.

Avete mai sperimentato quella situazione in cui razionalmente volete dimagrire e iniziate a mangiare in un certo modo ma allo stesso tempo volete anche mangiare come prima, volete i dolci (tanti dolci), gli aperitivi e la pizza tutti i giorni (o quasi)

Come un bambino che pesta i piedi.

Ecco che arriva potente la paura della scarsità.

Lasciare qualcosa nel piatto

Un comportamento molto diffuso è la difficoltà nel lasciare qualcosa nel piatto.

Presumibilmente una parte della difficoltà è dovuta al fatto che molti di noi sono cresciuti sentendosi dire che, se non avessero finito tutto il cibo che c’era nel piatto, avrebbero fatto peccato. Perché nel mondo ci sono altri bambini meno fortunati di noi che muoiono di fame.

Quindi se non finivamo tutta la porzione eravamo in un qualche modo colpevoli

Ma crescendo, pur riconoscendo le buone intenzioni di non sprecare il cibo, comprendiamo che non ascoltare i nostri segnali non può essere la soluzione alla fame nel mondo

Lo comprendiamo con la testa, razionalmente, ma per alcuni il senso di colpa che ne deriva continua ad essere presente e a condizionarne il comportamento.

Delegare ad altri la mia fame e sazietà

Il problema nel finire il piatto risiede soprattutto nel fatto che così facendo imparo a delegare ad altro la mia fame e la mia sazietà.

La dimensione e la capienza del piatto determinano quindi quanto mangerò.

Non importa se ho davvero tutta quella fame, se devo finirlo non importa ascoltarmi e connettermi a me stessa

O al contrario, potrei avere maggiore appetito e desiderare una seconda porzione e anche in quel caso dovrei finirla tutta, a prescindere dal mio grado di fame.

Quello che facciamo insieme nei percorsi di Mindful Eating è proprio scardinare anche questa abitudine che è tanto radicata in molti di noi.

Un aiuto per superare l’atavico senso di colpa e il senso di scarsità potrebbe venire dal riutilizzare gli avanzi.

Quando possibile riporli in frigo o in freezer oppure farseli tenere da parte nella classica doggy bag del ristorante.

Ma non per tutte è una azione semplice da fare: potremmo sentirci imbarazzate pensando a cosa penseranno il cameriere o i commensali.

Tutto questo ha molto a che fare con la nostra autostima e con la consapevolezza dei nostri bisogni.

A volte faccio l’esempio della pattumiera: se mangi il cibo con l’intenzione di non buttarlo (ma non ti andrebbe e non hai fame) ti stai trattando esattamente come una pattumiera. E, in fin dei conti, lo butti ugualmente perché non ti serve.

L’ideale sarebbe fare porzioni giuste ma non sempre è possibile perché non tutti abbiamo lo stesso appetito, le stesse necessità e la fame può cambiare di giorno in giorno e di pasto in pasto.

Affidarci ai nostri segnali interni

Il modo migliore per non dipendere dalla dimensione di un piatto (o dalla generosità di chi dispensa il cibo) è imparare ad affidarsi ai nostri segnali interni

Tutti li abbiamo, nasciamo già ben equipaggiati perché sono un importante mezzo per garantirci la sopravvivenza.

Il problema è che man mano che cresciamo, si aggiungono delle interferenze che rendono difficile percepire questi segnali.

Quello che leggiamo (o a volte studiamo), i consigli non richiesti, le diete dei nutrizionisti e la parola degli esperti…tute cose lecite per carità e molto spesso fondate ma che tendono a generalizzare qualcosa che è invece soggettivo per definizione.

La mia fame è la mia, ed è la mia di oggi, di questo pasto e potrebbe essere molto differente da quella di domani o di un altro pasto.

Vasco in una canzone (“Cosa succede in città”) diceva: “Quando c’ho il mal di stomaco, ce l’ho io, mica te, o no?”

Nessuno può dirmi quanta fame ho, devo cercare di scoprirlo ascoltandomi. E facendo delle prove.

Le linee guida sono solo una traccia

La dieta ideale o salutare o anche le linee guida hanno un senso, a mio avviso, se tendono a fornire un indirizzo, una traccia alla collettività e sul lungo periodo ma non devono diventare la Bibbia dei nostri comportamenti quotidiani.

Ognuno di noi sa che non è salutare mangiare tutti i giorni tavolette intere di cioccolato, buste di patatine o chili di gelato ma ciò non significa che ogni tanto non possa accadere di fare pasti considerati non “salutari”.

Anzi ti dirò di più, spesso questa è una fase necessaria per comprendere davvero cosa ci piace e ci soddisfa e per trovare un nostro personale equilibrio che comprenda tutti i cibi e che si avvicini quindi spontaneamente ed autenticamente a quelle famose indicazioni o linee guida

Perché il cibo non è solo numeri e tabelle, è coccola, conforto, mezzo per sperimentare, fonte di conoscenza.

Qualche domanda a te stessa per uscire dalla scarsità

Per capire di quanto cibo abbiamo bisogno un buon modo è chiedercelo: siamo abituati a rivolgere domande solo agli altri dando per scontato di conoscere noi stessi ma ti assicuro che non è così

Tu sai cosa ti piace davvero? Togliendo le idee e le convinzioni su quali cibi dovresti mangiare o quali ti fanno ingrassare?

Prova a rispondere a questa domanda e poi prova a mangiare in modo mindful quel cibo: prestando attenzione con tutti i sensi.

Come si presenta alla vista? Ti piace?

E al tatto? Ti piace toccarlo o ti dà fastidio?

E il suo profumo com’è? Quali ricordi ti evoca?

Poi passa al gusto, assaporandolo lentamente.

E poi prova a risponderti: ti piace come immaginavi? Di più? Di meno? Per niente?

Per oggi ti lascio con tutte queste domande a cui rispondere!

Se vorrai condividere le tue riflessioni puoi scrivermi a info@bonacinisara.it, e ti risponderò come sempre molto volentieri!

Un abbraccio e a presto

 

Immagine da Freepik https://urly.it/3z6nw

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