Mangiare intuitivamente sembra la promessa del secolo.

Se preferisci ascoltare, trovi qui l’episodio del podcast

Listen to "Mangiare senza ingrassare" on Spreaker.

Chi non vorrebbe mangiare così come gli viene, come naturalmente farebbe, assicurandosi tutti i nutrienti e senza ingrassare?

Credo che molti di noi lo vorrebbero.

Infatti periodicamente circola quel meme in cui viene chiesto cosa vorresti, se potessi avere un solo regalo da Babbo Natale. E la stragrande maggioranza delle donne risponde; “Mangiare senza ingrassare”!

Ecco, credo che questo sia uno dei primi equivoci che sorgono quando si parla di Intuitive Eating.

Questo approccio non è un metodo per mantenere il peso che si considera ideale, mangiando da mattina a sera, anzi questo comportamento va contro gli obiettivi stessi dell’approccio.

Il fulcro di questo metodo è dare valore alle nostre sensazioni corporee e imparare o re-imparare a fidarci di esse.

Se siamo connesse al nostro corpo e riusciamo ad identificare la sazietà,  mangiare “come se non ci fosse un domani” diventa semplicemente qualcosa di cui non abbiamo bisogno. Che va contro il nostro benessere.

Il fatto che mangiare tanto (e mantenere un certo peso) sia visto come qualcosa di super desiderabile è frutto della cultura della dieta.

In questa cornice infatti, la donna soprattutto, subisce fortissime pressioni ad aderire a un certo tipo di fisico.

Per la maggior parte delle donne però avere determinate caratteristiche fisiche come un corpo esile e forme poco pronunciate non è qualcosa di naturale, ecco che la maggior parte delle donne inizia a restringere quantità e qualità dei cibi che mangia nel tentativo di conformarsi a quell’ideale.

Ma se trascorro mesi, anni o l’intera vita a mangiare meno rispetto al fabbisogno del mio corpo, mi sentirò deprivata.

Cosa succede quando sono cronicamente in restrizione calorica?

Succede che il corpo si sente in pericolo e mette in atto degli adattamenti per cercare di sopravvivere.

Ne ho parlato anche qui e voglio ricordarti cosa succede.

Il tuo metabolismo inizia a rallentare e ti servono meno calorie (meno cibo) per mantenere il tuo peso.

Possono iniziare a caderti copiosamente i capelli, potresti avere sempre freddo e andare incontro a squilibri ormonali.

In questo bel quadretto, aumenterà incredibilmente la tua fame. O meglio potresti sperimentare una fame estrema difficile da gestire e trovarti ad avere abbuffate o momenti in cui mangi considerevolmente di più di quello che faresti in situazioni simili. E sperimentare poi successivamente malessere fisico e senso di perdita di controllo.

Questo meccanismo non è dovuto al fatto che non hai forza di volontà, come spesso sento dire dalle mie pazienti.

E’ una risposta biologica del tuo corpo alla restrizione cronica di cibo.

La cosa migliore che puoi fare quindi non è opporti con tutte le tue forze alle abbuffate e alle “perdite di controllo” ma evitare di arrivare a questa condizione estrema e dannosa.

Mangiare senza ingrassare è davvero un desiderio proibito?

Tornando al tema dell’episodio di oggi, mangiare senza ingrassare sembra una promessa super allettante perché, in modo più o meno marcato, se sei una donna e vivi nella società occidentale, subisci le pressioni a mangiare meno/controllare il tuo peso.

Prova a pensare a come sarebbe se non fossi cronicamente affamata: come cambierebbe la qualità della tua vita? Quanto tempo avresti per dedicarti alle cose che ami (e che ora utilizzi cercando di pianificare quello che mangi, evitare di mangiare o smaltire quello che hai mangiato?

Mangiare senza ingrassare sarebbe ancora il tuo desiderio proibito?

Se ti privi costantemente di cibo e quindi non soddisfi il tuo bisogno primario di nutrimento, sappi che la deprivazione produce effetti anche sui tuoi pensieri.

Il Minnesota Starvation Experiment

Forse avrai sentito parlare del Minnesota Starvation Experiment, il più importante studio che ha valutato gli effetti della restrizione calorica e della perdita di peso nelle persone normopeso.

Ascolta bene: in persone normopeso

Lo studio è stato condotto nel 1944 da Ancel Keys (sì quello della dieta mediterranea) e colleghi dell’università del Minnesota.

Vennero selezionati 36 uomini su 100 che si erano proposti volontari in alternativa al servizio militare.

Nella fase I di 12 settimane, i volontari si cibarono normalmente mentre venivano studiati dettagliatamente il loro comportamento, la loro personalità e le loro modalità alimentari.

Nella fase II di 24 settimane, i partecipanti furono sottoposti a una restrizione che corrispondeva approssimativamente alla metà del loro introito calorico iniziale; questo regime determinò in media una perdita approssimativa del 25% del loro peso iniziale.

Nella fase III, che durò 12 settimane, i partecipanti furono gradualmente nutriti in maniera normale

Nonostante le risposte individuali, rispetto alla perdita di peso, variassero notevolmente, tutti gli uomini sperimentarono drammatici cambiamenti fisici, psicologici e sociali

Il primo aspetto da tenere in considerazione è proprio questo: ogni persona rispose in maniera differente alla restrizione calorica. Perché ognuno di noi è diverso e 1500 kcal (numero a caso) assunte da me producono un effetto che può essere anche molto differente rispetto a quello che potresti sperimentare tu. Ecco perché confrontarsi con altri non ha alcun senso

Questo studio ha avuto particolare rilevanza per comprendere i disturbi dell’alimentazione perché molti sintomi fisici, ma soprattutto psicologici e sociali, osservati nei volontari sono simili a quelli sperimentati dalle persone con disturbi dell’alimentazione sottopeso

Effetti comportamentali, psicologici e psichiatrici

Uno degli effetti riportati è stata l’ossessione per il cibo. Verso la fine del periodo di restrizione calorica i volontari impiegavano due ore per consumare un pasto che in precedenza richiedeva loro pochi minuti.

Cito dal sito del dr Riccardo Dalle Grave, uno dei maggiori esperti in Italia nel trattamento cognitivo comportamentale dei disturbi dell’alimentazione:

“I volontari dedicavano ore a programmare come suddividere la quantità di cibo quotidiana. 19 cominciarono a leggere libri di cucina e a collezionare ricette. Vi fu un aumento del consumo di caffè e di tè: molti bevevano più di 15 caffè al giorno. I partecipanti cercavano di tenere lo stomaco pieno bevendo grandi quantità di liquidi (acqua e zuppe), chiedevano che il cibo fosse servito bollente, mischiavano gli alimenti in modo strano e vi fu un incremento notevole dell’uso di sale e spezie. Il consumo di gomme da masticare, per alcuni partecipanti, fu anche di 40 pacchetti al giorno, il fumo e l’onicofagia aumentarono marcatamente.”

Perdita di controllo

Numerosi di questi cambiamenti persistettero anche durante le 12 settimane di recupero del peso. Durante la fase di restrizione calorica tutti i partecipanti riferivano un incremento della fame, alcuni riuscivano a tollerarla, per altri invece il fatto costituì un’intensa preoccupazione, fino a diventare insopportabile. Parecchi non riuscirono ad aderire alla dieta e manifestarono episodi bulimici, seguiti da senso di colpa rimprovero verso se stessi e autolesionismo. Durante la fase di recupero del peso, quando era offerta loro una grande quantità di cibo, molti partecipanti perdevano il controllo del senso di sazietà e anche dopo 12 settimane di riabilitazione veniva segnalato un aumento della fame subito dopo un pasto abbondante.

Modificazioni emotive

Molti partecipanti, nonostante all’inizio fossero psicologicamente sani, mostrarono significative modificazioni emotive.

Alcuni attraversarono transitori o protratti periodi di depressione; occasionalmente si manifestò uno stato di euforia, seguito da depressione.

Nota bene: tutti i volontari, prima dello studio mostravano un’elevata tolleranza allo stress e dopo, molti di essi mostrarono frequenti segni d’irritabilità ed esplosioni di rabbia.

In numerosi partecipanti l’ansia era molto evidente; l’apatia divenne comune; in alcuni, inoltre, i disturbi emozionali divennero così gravi da poter parlare di “nevrosi da semi digiuno”.

Lo studio evidenzia che la risposta emotiva alla restrizione calorica varia considerevolmente da individuo a individuo, e che la personalità non determina la risposta emotiva alla deprivazione alimentare.

Poiché le difficoltà emotive non si risolvono immediatamente durante la fase di riabilitazione, si può ipotizzare che tali alterazioni siano legate ai bassi livelli di peso corporeo piuttosto che alla restrizione calorica.

Lo studio suggerisce che molti disturbi psicologici osservati nelle persone sottopeso con disturbi dell’alimentazione possono essere il semplice risultato della malnutrizione.

Relazioni interpersonali

Per quanto riguarda le relazioni interpersonali, la restrizione calorica determinò nei volontari alcuni cambiamenti, quali una minore capacità di socializzazione e un maggiore isolamento. L’umore generale subì un peggioramento e crebbe il senso d’inadeguatezza sociale. Inoltre, i partecipanti all’esperimento riferirono una marcata diminuzione dell’interesse sessuale.

Dopo la fase di perdita di peso di almeno il 25% del peso corporeo iniziale, i partecipanti furono sottoposti a molti mesi di rialimentazione.

Questo li riportò al loro peso originale, accresciuto del 10%.

Poi gradualmente ritornarono ai livelli di peso che avevano prima dell’esperimento.  Tale risultato dimostra che il corpo non è semplicemente “riprogrammabile” a un peso più basso dopo un periodo di dimagrimento.

Prova inoltre che la restrizione  sperimentale dei volontari non riuscì a vincere la propensione dei loro corpi a ritornare al peso di partenza.

Cosa ci insegna questo? Che c’è un range di peso all’interno del quale il nostro corpo funziona al meglio

E il corpo farà di tutto per tornarci

Le modificazioni ormonali, comportamentali, emotive e psicologiche non dipendono dalla nostra scarsa forza di volontà ma dalla biologia e tentare di modificare a nostro piacimento il nostro peso potrebbe avere seri effetti collaterali.

Tu cosa ne pensi? Hai esperienze da raccontarmi a riguardo?

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Gli effetti della restrizione calorica e del basso peso: cosa ci ha insegnato il Minnesota Starvation Experiment? R. Dalle Grave

https://sites.pitt.edu/~nancyp/uhc-1510/MinnesotaStarvationExperiment.pdf

106579_book_item_106579.pdf (sagepub.com)

 

Immagine da Freepik https://urly.it/3z4-w

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