Il titolo dell’episodio di oggi è volutamente un po’ provocatorio ma in realtà tratta di un tema che emerge spesso nei colloqui con le mie clienti: la parola mindful non mi piace.

Se preferisci ascoltare, ecco l’episodio di oggi:

Ascolta "Non sopporto la parola Mindful" su Spreaker.

Potresti pensare che sei stanca degli inglesismi (e sono con te!) o che è un modo figo di chiamare qualcosa che non funziona o mille altri pensieri-resistenze che ti allontanano dal mettere in pratica la consapevolezza.

Cosa significa Mindful

La parola Mindful è composta da mind, che significa mente e full che significa pieno, a piena mente potremmo tradurre maccheronicamente.

In realtà, e penso che sia uno dei motivi per i quali è utilizzato questo termine inglese, non c’è una parola in italiano che lo traduca perfettamente.

Si usa spesso consapevole, che ovviamente si avvicina ma non lo rappresenta in pieno. Per tradurlo fedelmente, dovremmo usare una intera frase come con ad esempio: con la completa presenza mentale.. e forse nemmeno questa sarebbe davvero esaustiva!

Capisci bene quindi come spesso si usi per amore di praticità e necessità di sintesi.

Le resistenze nei confronti della consapevolezza

Io credo che uno dei motivi che ci fa odiare questa parola e la pratica della mindfulness sia perché ci sembra molto difficile da applicare.

Nel tempo, io ho cambiato modo di vedere questo approccio e oggi ritengo che possa essere molto difficile e molto semplice, nello stesso momento.

Penso che possa essere molto difficile se ci approcciamo ad essa con la mentalità orientata al risultato (il non cercare risultati, non a caso, è uno dei pilastri della mindfulness)

Ricordo che quando ho incontrato la mindfulness per la prima volta, ho avuto un rifiuto immediato. Col senno di poi credo che questo sia successo perché pretendevo da me stessa di svolgere perfettamente i compiti: mi irritavo se la mente vagava durante le meditazioni, ad esempio

Ora mi fa sorridere dirlo perché ora so che la mente produce continuamente pensieri ed è un po’ presuntuoso pensare di riuscire a fermarla.

Allora pretendevo di vedere risultati immediati come frutto del mio impegno.

Perciò se anche tu ti trovi in una situazione simile, sappi che ti comprendo benissimo!

Da quel momento sono passati anni, ho fatto tante esperienze personali e professionali e quando la mindfulness è ricapitata sulla mia strada è stata tutta un’altra storia!

Ho svolto il percorso di mindful eating come utente e mi è piaciuto talmente tanto da fare ben due corsi di formazione per imparare ad insegnarlo.

Cos’è cambiato?

Sono cambiata io e ho compreso che possiamo essere mindful sempre e ovunque, che non significa tutto il tempo ma in qualsiasi momento.

  • Sentire il peso che si sposta da un piede all’altro mentre sei aggrappata alla maniglia dell’autobus è mindful
  • Sentire l’effetto dell’acqua calda sul corpo dopo una giornata stancante è mindful
  • Osservare il sorriso buffo di tuo figlio è mindful
  • Mangiare una fetta di torta di mele e improvvisamente rivivere il momento di quando ce la preparava la nonna è mindful

Non dobbiamo diventare asceti o monaci buddisti per esercitare la consapevolezza, abbiamo mille opportunità per farlo nella nostra vita quotidiana

Un aneddoto personale

Adesso ti racconto un aneddoto personale che apparentemente sembra slegato dal tema della nostra chiacchierata ma in realtà credo sia molto attinente.

Ormai un mesetto fa, ho messo gli allineatori dentali, sai quegli apparecchi trasparenti che raddrizzano i denti, per intenderci? Ecco, proprio quelli.

I miei più grandi timori erano di sentire dolore e di parlare male.

Per il dolore, posso assicurarti che era un timore infondato: si può parlare, almeno nel mio caso, di lieve fastidio. Per il parlare male, non mi sembra: io avevo già il sigmatismo, la esse un po’ sibilante e la zeta “emiliana” quindi non mi sembra vada molto peggio.

Le mie scoperte mindful

Le cose che non avevo considerato si sono rivelate essere altre. Ad esempio, poiché più lo indossi, meglio fa il suo lavoro, è stato molto difficile abituarmi a fare pasti veloci.

(Si parla anche di 23 ore al giorno, quindi di utilizzare una sola ora al giorno per mangiare e per lavare denti e apparecchio! )

E dire che ero convinta di mangiare velocemente!

Invece, al contrario, questo essere costretta a una certa velocità, mi è risultato molto faticoso e fastidioso. Al punto che quando avrò finito questo percorso, penso proprio che il mio modo di mangiare cambierà radicalmente rispetto al passato. Mentre prima era quasi una violenza impormi di rallentare, adesso sta diventando una esigenza. Tutto ciò perché qualcosa di esterno mi impone di andare veloce…buffo come ragiona il cervello, eh?

Un altro aspetto di cui mi sono resa conto è la mia reazione alla fame.

Prima se avevo fame, mangiavo. Poteva capitare che in un giorno facessi due spuntini oppure nessuno, in base a come mi sentivo. Adesso per forza di cose cerco di ridurre i pasti a 3.

Questo perché non sempre posso lavare i denti dopo e fare tutte le operazioni necessarie.

Questo stare con la mia fame non si è rivelato sempre facile.

Mi sono ritrovata un po’ nervosa, ad aver fatto male i conti, ad aver mangiato troppo poco a un pasto e affamata, senza cibo e senza possibilità di mangiare.

Ecco, tutto questo racconto per dire che questa esperienza mi sta portando tante nuove consapevolezze.

Innanzitutto sto sperimentando come mi sento mentre mangio e tra i pasti, quali pasti mi procurano più sazietà immediata e quali più sazietà a lungo termine.

Ho scoperto (in realtà lo sapevo già ma adesso non posso più scappare) che mangiare le caramelle alla liquerizia è un po’ la mia coperta di Linus. E che non poterlo fare mi ha procurato, all’inizio, un certo disagio.

Ecco, penso che questa possa definirsi una esperienza molto mindful

E come vedi non implica ore di meditazione o ritiri in un eremo ma ha a che fare con aspetti molto concreti della nostra vita.

A questo punto magari ti starai chiedendo: “Va bene Sara, ho capito che si può essere mindful anche nella vita quotidiana ma a cosa mi serve essere consapevole?”

Ti voglio rispondere che essere consapevole ti serve a notare i pensieri e le emozioni che ti portano in automatico a mettere in pratica determinati comportamenti che vorresti cambiare.

E’ il primo passo per poter attuare un vero cambiamento duraturo: posso cambiare solo ciò che vedo e noto e solo così posso spezzare l’automatismo e il circolo vizioso che mi spinge a reagire a uno stimolo piuttosto a che a scegliere liberamente.

Spero davvero che questo episodio, un po’ sui generis, ti sia piaciuto e fammi sapere se hai anche tu qualche esperienza mindful da condividere!

Se vuoi sapere se e come posso aiutarti, puoi prenotare una chiamata gratuita conoscitiva QUI

Ti mando un abbraccio e noi ci sentiamo presto!

 

 

Immagine da Freepik

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