Nell’episodio di oggi vorrei rispondere a una domanda che mi viene spesso posta dalle mie pazienti: “Mangio 1200 kcal al giorno eppure non perdo un etto. Perché?”
Se preferisci ascoltare, ecco l’episodio del podcast:
Ascolta "Mangio 1200 kcal e non perdo un etto" su Spreaker.Spesso succede già nella chiamata conoscitiva o quando telefonano per prendere un appuntamento.
Mentre sono intente a spiegare i loro attuali problemi ed esigenze, arriva la fatidica domanda: “dottoressa, ho provato a dimagrire da sola ma non riesco. Mangio 1200 kcal al giorno (o meno) ma non perdo un etto. Come mai?”
Ti è mai capitato? Ti sei mai ritrovata in una situazione simile?
Se ti è successo potrai comprendere il senso di frustrazione ed impotenza che si prova.
“Mangio poco”: alcune doverose premesse
Per rispondere a questa domanda devo fare alcune doverose premesse.
Ci possono essere differenti motivazioni a questo fenomeno ma prima di urlare al problema metabolico è importante sapere che ormai ci sono numerosi studi (te ne lascio in descrizione alcuni) che evidenziano come le persone sottostimino quello che mangiano.
Questi studi si basano sull’autoreporting ossia sul fatto che i partecipanti debbano riportare autonomamente le quantità dei cibi mangiati.
In questi studi vengono misurati diversi parametri metabolici: livelli di ormoni tiroidei nel sangue e tasso metabolico a riposo (RMR), effetto termico del cibo (TEF) e dispendio energetico totale (TDEE) attraverso la metodologia dell’acqua doppiamente marcata. Se non conosci questi termini, dai un’occhiata qui.
La tecnica si basa sull’uso di acqua in cui gli atomi di idrogeno e ossigeno sono sostituiti con isotopi stabili, rispettivamente con deuterio e ossigeno-18.
Questa “acqua doppiamente marcata” viene somministrata al soggetto in studio, di solito sotto forma di una bevanda. Una volta ingerita, l’acqua si distribuisce uniformemente in tutto il corpo.
Poiché il deuterio è eliminato dal corpo attraverso l’urina, il sudore e la respirazione e l’ossigeno-18 anche come anidride carbonica espirata, misurando la velocità con cui questi isotopi vengono eliminati dal corpo, è possibile determinare il tasso di produzione di anidride carbonica.
Questo è direttamente correlato al dispendio energetico totale dell’individuo. Questa misurazione viene fatta prelevando campioni di saliva, urina o sangue in vari momenti dopo l’assunzione dell’acqua doppiamente marcata.
In questo studi non si evidenziava nessun problema metabolico ma piuttosto una sottostima dell’apporto calorico.
Una revisione sistematica del 2009 pubblicata su The British Journal of Nutrition ha esaminato diversi studi sull’auto-reporting dell’assunzione alimentare, concludendo che la sottostima è un fenomeno comune, in particolare tra le persone sovrappeso e obese. La revisione ha evidenziato che questo problema è spesso associato a errori di memoria e a una percezione errata delle porzioni.
Quindi la maggior parte delle persone che sostiene di essere a dieta e non perdere peso, in realtà non è a dieta!
La cosa fondamentale è che non si parla di processi volontari e consapevoli ma di fenomeni spesso inconsci.
Quindi, se ti ritrovi in questa situazione, non colpevolizzarti perché non lo stai facendo apposta o per “barare” e non dire la verità alla nutrizionista!
Ora che ne sei consapevole, però, ci puoi lavorare.
Perché sottostimiamo quello che mangiamo
Vediamo insieme alcuni motivi per i quali capita di sottostimare quello che mangiamo
Ci sono, in sintesi, 3 ordini di motivi
Fattori psicologici
I cosiddetti bias cognitivi: le persone spesso tendono a vedere se stesse sotto una luce migliore di quella reale, un fenomeno noto come self-serving bias. Questo porta a sottostimare il consumo di cibo, specialmente di alimenti percepiti come “cattivi” o non salutari, per proteggere la propria immagine di sé.
Anche sentimenti di colpa o vergogna riguardo al mangiare in eccesso o al consumo di cibi non considerati salutari possono portarci a minimizzare ciò che ricordiamo di aver mangiato, o a evitare di riportarlo correttamente.
Un ruolo importante viene svolto anche dalla pressione sociale: in alcuni contesti sociali, le persone possono sottostimare ciò che mangiano per conformarsi a norme sociali o per non essere giudicate, soprattutto quando si tratta di alimenti ad alto contenuto calorico o di grandi quantità di cibo.
Fattori cognitivi
Il primo fattore è l’errore di memoria: soprattutto se non lo scriviamo, la capacità di ricordare accuratamente ciò che abbiamo mangiato può essere limitata. Questo è particolarmente vero quando il cibo viene consumato in piccoli spuntini durante il giorno o in situazioni non strutturate per un pasto, come mangiare davanti alla TV.
Un altro fattore è la percezione delle porzioni: tendiamo a sottostimare le dimensioni delle porzioni, soprattutto quando si tratta di cibi altamente energetici come oli, o alimenti ricchi di zuccheri e grassi. E poco voluminosi.
E ovviamente consumare porzioni più grandi di quanto percepito può portare a una sottostima dell’assunzione calorica totale.
Fattori pratici
Mangiare mentre si svolgiamo altre attività, come guardare la TV, lavorare o guidare, può portare a una mancanza di consapevolezza di quanto cibo si stia consumando, riducendo anche la capacità di riportarlo accuratamente.
Questo del pilota automatico e del multitasking è un tema che trattiamo nel percorso di Mindful Eating proprio perché in alcuni casi mangiare diventa una risposta automatica più che una scelta.
E questo, oltre a tradursi spesso a un consumo eccessivo di cibo, ci fa perdere parte della soddisfazione che potremmo ricavare da quel pasto.
Un altro punto è il consumo inconsapevole di cibo.
Spesso non teniamo conto dei piccoli spuntini o delle “piccole aggiunte” come condimenti, salse, bevande zuccherate o assaggi. Questi possono accumularsi nel corso della giornata, ma vengono spesso ignorati o sottostimati nei resoconti alimentari.
Tenere un diario alimentare accurato inoltre può essere noioso e dispendioso in termini di tempo. Di conseguenza, le persone possono omettere certi alimenti o semplificare ciò che riportano, portando a una sottostima del loro consumo effettivo.
Allora cosa puoi fare?
Tutti questi aspetti però non devono farti perdere d’animo: il primo passo per capire se effettivamente c’è qualcosa che non va, quindi davvero mangi poco e non dimagrisci, è tenere traccia di quello che mangi.
In genere un periodo di 15 giorni è sufficiente ma più riesci a farlo, più dati raccoglierai ed avrai un quadro completo.
E’ importante però non farlo con l’intenzione di essere perfette, è un monitoraggio e serve appunto a monitorare quello che mangi per prenderne consapevolezza, non per colpevolizzarti o decidere che sei un totale fallimento.
Nascondere la testa sotto la sabbia nell’immediato sembra la scelta che ci fa meno male ma, se stai ascoltando questo episodio, ti ha portato ugualmente in una situazione di sofferenza.
Una volta che avrai preso consapevolezza di quanto e cosa mangi, poi potrai agire di conseguenza quindi se, ad esempio, ti accorgi che il problema principale è che spilucchi mentre prepari la cena, chiederti se mangi a sufficienza a pranzo. E se non è così, rivedere la composizione del tuo pranzo.
O se, presa dalla convinzione che non puoi permetterti spuntini perché “fanno ingrassare”, arrivi troppo affamata a cena, prenderti 5 minuti al rientro da lavoro per mangiare qualcosa che ti autorizzi a mangiare. Non di nascosto, in piedi o mentre fai altro…quasi come se, così facendo, questo non “contasse”.
Per oggi mi fermo qui, spero che tu abbia trovato questo episodio interessante e, se vuoi farmi sapere cosa ne pensi, puoi scrivermi a info@bonacinisara.it o in DM su Instagram. Rispondo sempre e molto volentieri.
Oggi ti chiedo anche un piccolo aiuto: se ci sono temi di cui ti piacerebbe parlassi in un episodio del podcast, fammelo sapere utilizzando le stesse modalità.
Un abbraccio e noi ci sentiamo presto
Bibliogafia
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