Qualche tempo fa su Instagram ho parlato molto di frustrazione legata al cibo.

E ho scoperto essere un aspetto molto sottovalutato, al quale molti miei pazienti non hanno mai pensato.

Se preferisci ascoltare, ecco l’episodio del podcast

Ascolta "Frustrazione e abbuffate" su Spreaker.

I valori che attribuiamo al cibo

Ti è mai successo di non vedere l’ora di mangiare un piatto, aspettarlo e pregustarlo da giorni e poi, al primo assaggio, rimanere delusa?

Per chi ha un buon rapporto con il cibo sono cose che capitano e che non toccano più di tanto ma per chi sta sperimentando un rapporto conflittuale con il cibo possono essere veri e propri inneschi ad abbuffate e perdite di controllo.

Perché il cibo diventa il nostro tutto:

L’unica fonte di piacere

L’unica ricompensa

L’unico conforto

L’unica occasione per non pensare e stare bene

Questi ed altri significati del cibo sono presenti in tutti noi ed è per questo che il cibo non può essere considerato come mero carburante.

Ma in chi ha un rapporto conflittuale con il cibo, quest’ultimo diventa l’unico modo per trovare piacere, ricompensa, conforto, benessere e tanto altro.

Questo piccolo aggettivo UNICO, fa tutta la differenza del mondo perché in questo caso una frustrazione, la delusione delle nostre aspettative, diventa una tragedia. Perché in un certo senso è come se avessimo perso tutto.

Frustrazione e cibo: come può aiutarci la mindfulness

Questo è un aspetto molto importante e la Mindfulness ci viene in aiuto con due pilastri fondamentali: il non giudizio e il lasciare andare

Se alleniamo queste due abilità potremo imparare a “stare” con questa frustrazione senza subirla ma al contrario a sfruttarne ogni aspetto.

Mi spiego meglio.
Vi avevo già parlato qui dei 7 pilastri della Mindfulness, 7 principii cardine che guidano l’approccio alla meditazione e, più in generale, alla vita, secondo la mindfulness.

Ve li elenco brevemente ma oggi mi soffermerò solo su due di questi.

E’ importante premettere che sono tutti ugualmente importanti e come vedrete, profondamente connessi tra loro.

I 7 pilastri della Mindfulness

I 7 pilastri della mindfulness sono:

Non giudizio

Pazienza

Mente del principiante

Fiducia

Non ricercare risultati

Accettazione

Lasciar andare

Come possono aiutarci per gestire la frustrazione?

Come potete vedere la frustrazione è un argomento che rientra a pieno titolo in ognuno di questi pilastri ma oggi mi voglio soffermare sul non giudizio e sul lasciare andare.

Non giudizio non significa non produrre giudizi, questo è impossibile perché la nostra mente fa questo “di mestiere”. Significa renderci conto che stiamo giudicando e non identificarci con i nostri giudizi. Notarli e lasciarli andare

Come può aiutarci con la frustrazione?

La frustrazione è per definizione il mancato appagamento o soddisfacimento di un bisogno.

Essa nasce dalle aspettative: ci aspettiamo che le cose vadano in un certo modo. E solo ed esclusivamente in quel modo. Tutto quello che devia dalla carreggiata che abbiamo tracciato nella nostra mente, non va bene.

Tutti i giorni ci troviamo a gestire frustrazioni perché tutti i giorni le nostre aspettative devono fare i conti con la vita che è per sua natura mutevole. Tutto cambia continuamente e anche se ci impegniamo per tenere tutto sotto controllo, non possiamo farlo.

Mentre per chi ha un rapporto tutto sommato equilibrato con il cibo, la frustrazione di una ricetta venuta male o di un cibo meno buono viene tutto sommato gestita senza scossoni, chi sperimenta un rapporto conflittuale con il cibo deve assorbire un colpo più duro.

Perché proprio sul cibo ha trasferito questa esigenza di controllo e come dicevamo prima il cibo rappresenta l’unica fonte di conforto, amore, piacere ricompensa.

Quindi capita che cucini una torta, la torta viene male e tu inizi a colpevolizzarti per essere un’incapace e perché non puoi buttare cibo, sentirti triste e insoddisfatta e ritrovarti a mangiare tutto quello che trovi in cerca di una soddisfazione che non riesci a trovare.

Come può aiutarci il non giudizio?

Innanzitutto evitando di etichettarmi come giusta o sbagliata in base ai risultati che ottengo.

In questo caso è il banale fare una torta ma anche una azione così piccola e quotidiana per alcuni di noi è un banco di prova del nostro valore. Se sono abituata a giudicare e a giudicarmi non esiste un campo più nobile di latri, lo faccio sempre, mi identifico totalmente e considero i miei pensieri reali come se fossero  fatti.

Allora, oltre al fatto che mi aspettavo un risultato e ne ho ottenuto un altro devo anche tollerare il fatto che inizio a produrre giudizi sul mio valore.

Ma il mio valore non ha assolutamente niente a che fare con quello che sono in grado di fare.

A questo si collega il lasciare andare, ossia fare scorrere come l’acqua di un fiume tutti questi pensieri ed attaccamenti prodotti dalla mia mente.

Alcune domande potenti

A questo proposito potresti porti alcune domande:

Cosa penso che succederà se provo frustrazione a questo pasto? Potresti scoprire che temi di avere troppa fame a quello successivo o di provare un senso di ingiustizia di fronte a un tuo diritto (quello di provare piacere dal cibo, avere conforto ecc).

Quasi sempre l’idea, l’aspettativa che abbiamo nei confronti di una situazione ci fa immaginare che non potremo sopportarla ma se impariamo a rimanere lì, con quello che c’è in quel momento, scopriremo che invece non ci distruggerà. Non ci romperà, non scalfirà la nostra struttura più interna ma come un’onda arriverà e se ne andrà. Lasciandoci integre.

Questo però è possibile se impariamo a lasciare andare: a lasciare andare i giudizi su di noi in primis.

E’ molto diverso dirsi: “Brava, sai che hai fatto proprio una cosa immangiabile!”, scoppiare a ridere e passare oltre dal dirsi “Brava, hai fatto proprio una cosa immangiabile” e sentire dentro di noi che è l’ennesima prova della nostra incapacità nella vita.

Generalizzando in un modo talmente estremo che non lo faremmo mai con nessun altro.

In questo caso, una cosa così banale scalfisce la nostra struttura più interna e ci fa precipitare in uno stato d’animo talmente doloroso che lo dobbiamo cambiare subito.

E cosa c’è di più efficace che stordirsi con qualcosa? Nel nostro caso, il cibo?

Mi farebbe super piacere sapere cosa ne pensi di questo episodio, se ti è stato di aiuto o hai domande o riflessioni da condividere.

Se ti va puoi farlo, commentando qui sotto oppure scrivendomi a info@bonacinisara.it

 

 

Immagine da Freepik

 

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